Di granchi, vulcani, distanze e salti tecnologici. Ovvero il caos.

Ho sempre viaggiato molto e l’ho sempre fatto un po’ d’istinto. Sarà che ho sempre letto moltissimo, fin da piccolina. Sarà che ho sempre avuto molta fantasia e quei posti che leggevo sui libri me li sono sempre immaginati e ho sempre sognato di andarci.

Non sono un’anima in pena, non mi sposto perchè non mi sento a mio agio in un posto o in un altro. Io sto bene ovunque. Sto benissimo da sola. Sono solo curiosa, assetata di posti, culture, lingue. Sono una ottimista, trovo il bello in ogni cosa. Sono così. C’è chi mi odia per questo, ma cosa ci devo fare? Sono così. Punto.

Per questo non ho mai avuto paura di prendere valige e andar via. Ho sempre spronato io il Prof. a girare e cambiare. Lui è più riflessivo, più timoroso. Il granchietto che si ripara sotto alla sabbia. Tiene le chele appena fuori, con gli occhi scruta, ma ci mette un po’. Io sono il vulcano. Io sono il caos nella sua vita. Io sono il bimbo che prende il granchio con la forza e lo spinge in acqua, nel posto in cui vorrebbe davvero essere ma ha avuto paura ad andarci. Poi è contento, lo vedi che muove le chele e nuota come un delfino.

E così mi son sempre mossa ed ho avuto anche la fortuna di riuscire a vivere per un po’ in più di un posto. Per la mia famiglia ogni volta è uno shock, sarà che li avverto sempre all’ultimo momento. Sono dell’idea che non ha senso anticipargli la cosa sei mesi prima, sarebbero mesi di inutili sofferenze e ansie. Meglio metterli davanti al fatto stesso quando è quasi ora. Ormai si sono abituati ed è incredibile come ogni volta mi stupiscano.

Finchè si è trattato di viaggi di piacere, la distanza non ha mai dato problemi, al massimo sono durati un mese, poco niente. Quando però ho cominciato a star via di più si è sempre trovato un modo per sentirsi spesso.

Quando, dopo la laurea, ho vinto una borsa di studio/lavoro e sono andata qualche mese in UK, ci si sentiva per telefono. C’erano le schede prepagate, si andava nelle cabine, si componevano codici di 10.000 cifre e si riusciva a chiaccherare qualche minuto. Ok, c’era già internet ma i miei sono degli anni quaranta, sapevano usare macchina da scrivere e calcolatrice ma nulla di più. Poi per tre mesi il telefono bastava.

Poi è arrivato il Portogallo, questa volta la mia lontananza sarebbe stata più lunga. Allora hanno imparato a mandare gli SMS. Mio padre ha le dita così grosse che con l’indice potrebbe schiacciare 4 tasti insieme. Mia madre è già tanto se sa schiaccare il tasto gusto per rispondere ad una telefonata. Ma l’amore per i figli fa fare di tutto si sa, e così ogni tanto mi arrivavano messaggi del tipo “ciao come stai noi bene saluta il prof mangia tua sorella e fratello ti salutano ciao”, senza punteggiature perchè avete presente spiegargli pure come aggiungerla? Ricordo sms davvero esilaranti, dovrei ritirarli fuori.

Infine siamo qui, in Olanda e con la piccola viaggiatrice. Se i figli fanno fare di tutto, i nipoti di proiettano in un colpo nel futuro. Prendi una navicella spaziale e finisci nel 3.000 d.C..

Ed eccoli. Loro, settantenni, smartphone alla mano e skype. SMARTPHONE e SKYPE. La vedono quasi tutti i giorni.

La vedono mentre si ficca in bocca una forchettata di carbonara. La vedono mentre gioca a fare le bolle con la cannuccia dentro il bicchiere di acqua. La vedono mentre è in vasca da bagno e spruzza acqua ovunque con i suoi animaletti da bagno. La vedono quando ha la febbre e a malapena riesce a salutarli. La VEDONO. La SENTONO.

Sicuramente più di quanto la vedrebbero o la sentirebbero se fossimo in Italia.

Grazie nonni tecnologici, voi sicuramente vi state godendo la crescita della vostra nipotina anche se a migliaia di chilometri di distanza. Grazie nonni tecnologici, perchè il sentirvi e vedervi così contenti ed emozionati ogni giorno è il più bel regalo che abbiate mai potuto farci.